L’universo artistico di Domenico Gabbia, classe 1946, si nutre di un elemento fondamentale: il mondo poetico dell’infanzia, che ci restituisce attraverso un linguaggio raffinato e denso di lirismo. Le sue opere sono finestre delicate che si aprono su muri immaginari popolati da segni , figure, oggetti, appartenuti ad un tempo perduto ed adagiati sulla tela seguendo il filo logico del ricordo e della fantasia. Sono astrazioni poetiche frutto di uno studio accurato teso ad infondere al gesto pittorico l’innocenza primitiva del disegno di un bambino. La purezza del sentimento è enfatizzata dall’uso di colori pastello che vanno dal grigio,al bianco , all’ocra che spicca , quest’ultimo , come elemento caratterizzante di ogni composizione . Immediato appare il riferimento all’astrattismo lirico di Klee, ma anche ai graffiti murali di Celiberti epurati però dal tragico. Gli alberi dalle chiome abbozzate, il triciclo, il cavalluccio di legno simbolo di un’infanzia smarrita e lontana sono quasi scolpiti sulla tela con l’uso sapiente del materico attraverso l’ammaniatura a gesso, mescolata al colore acrilico, all’oilbar e fusaggine per esaltarne il tratto. Dal 1997, anno della prima importante mostra a Brescia, sua città natale, numerose sono state le esposizioni in gallerie e spazi pubblici e museali di prestigio, in Italia e nel mondo, accompagnate da interventi critici di rilievo tra cui ricordiamo quello di Vittorio Sgarbi.
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